Bad communication & Bad science?

2021-02-12T12:58:24+01:00 Marzo 4th, 2018|Eventi, Trusticert|0 Commenti
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Al ‘E-cigarette summit’ tenutosi a Londra Novembre 2017, i nostri esperti scientifici e degli affari regolatori hanno potuto assistere ad interessanti scambi di idee sul mondo del vaping, idee che abbiamo ‘portato a casa’ e da cui abbiamo preso spunto per alcune considerazioni.

Uno dei topic affrontati, molto attuale non solo per gli operatori del settore, riguarda il rapporto tra fumo elettronico, mondo scientifico ed opinione pubblica.

Gli effetti del vaping sono un argomento di largo interesse nell’opinione pubblica, e la discussione sul fumo elettronico, salito alla ribalta in seguito all’ampia diffusione tra la popolazione e alle recenti regolamentazioni che lo disciplinano, infiamma gli animi.

Sui media di tutti i livelli e settori, appaiono frequentemente titoli ad effetto ora pro ora contro il vaping, citando a sostegno studi scientifici e pareri di esperti. Spesso però queste fonti autorevoli sono considerate solo in maniera parziale, accostando tra loro messaggi che nella loro completezza sono in realtà differenti.

Questo implica che spesso anche gli studi scientifici sul tema vengano divulgati in maniera approssimativa e a volte distorta.

Sfortunatamente inoltre, questa situazione è aggravata dalla presenza di ‘bad science’, come vengono definiti quegli studi poco solidi che nel vasto panorama di analisi autorevoli ne contaminano l’importanza, e che possono portare l’opinione pubblica ad una percezione alterata dei rischi e benefici dei prodotti da vaping.

La nostra opinione è che non si tratti di scienza buona o cattiva, ma nella maggior parte dei casi di mancanza di conoscenza di un mondo per la scienza nuovo, quello del vaping, che andrebbe indagato con procedimenti meglio definiti.

In recenti review sono stati raccolti, analizzati e confrontati i risultati di decine di lavori scientifici per cercare di fornire un quadro complessivo del feedback della comunità scientifica.

E il quadro che emerge è sorprendente e scoraggiante: per ogni singolo aspetto indagato è possibile trovare lavori scientifici che espongono dati sia a favore della sigaretta elettronica che contro, in pieno disaccordo tra loro.

Come è possibile che vi siano dati così contrastanti e che la comunità scientifica sia così divisa su questo tema?

Probabilmente non si tratta di ‘malafede’ o improvvisazione. Ci sono due ragioni importanti che rendono difficile l’approccio corretto agli studi del vaping: 

1) La mancanza di standard.

Sembra sempre più chiaro che l’effetto tossicologico di un aerosol dipenda da numerosi fattori tra cui: quantità del liquido testato, composizione del liquido, condizioni di vaping (protocollo di puff, modello di sigaretta, posizione e riempimento della sigaretta, valore della resistenza, carica della batteria, materiale imbibente ecc) solo per citarne alcuni.

Ad oggi, non vi è uno standard di riferimento delle condizioni in cui effettuare i test; ogni gruppo di ricerca quindi può applicare condizioni differenti ed ottenere di conseguenza risultati molto diversi in studi a prima vista simili.

2) La scarsa conoscenza del prodotto da parte della comunità scientifica.

La scarsa conoscenza dei prodotti da vaping e delle loro modalità di utilizzo, insieme alla mancanza di standard di riferimento, fa sì che a volte vengano condotti dei test in condizioni inverosimili.

Ad esempio, alcuni lavori hanno mostrato quantità di aldeidi tossiche negli aerosol addirittura superiori alle sigarette tradizionali. Si è poi scoperto che questi valori sono stati causati da dry puff, ovvero condizioni di vaping non riscontrabili nella realtà ma che una macchina non si rifiuta di inalare.

Riteniamo che affrontare e risolvere questi aspetti sia il primo passo per abbattere il problema della dilagante ‘bad science’ e porre le basi per una comunità scientifica unanime nell’indagare sul mondo nuovo e complesso del vaping.