Negli ultimi mesi gli Stati di tutto il mondo sono stati travolti, con più o meno forza, dall’emergenza sanitaria COVID-19. Oltre alle ripercussioni dirette, in termini di diffusione dell’infezione e di decessi, sono importanti le ripercussioni delle misure di lockdown e isolamento sociale adottate da molti Paesi per limitare la diffusione del virus. Diversi studi riportano come l’aumento dei livelli di stress e di preoccupazioni abbiano portato ad un aumento del consumo di tabacco e dei prodotti correlati. Vediamo i dettagli.
Lo studio di FSFW
A livello mondiale, la maggior parte degli Stati ha adottato misure di contenimento più o meno stringenti per limitare la diffusione del COVID-19.
Tra i Paesi in cui queste misure sono state più drastiche, Italia, Inghilterra, Stati Uniti e Sudafrica sono stati selezionati da Foundation for a Smoke-Free World (FSFW) per uno studio sullo stato dell’uso del tabacco durante il lockdown. Sono state intervistati online 6800 fumatori abituali tra i 18 (21 per gli USA) e i 65 anni.
Il lockdown
Nei quattro Stati analizzati, il lockdown è stato applicato con misure particolarmente stringenti, e ha avuto un impatto notevole sulle abitudini della popolazione: infatti durante il periodo di isolamento erano consentiti solo gli spostamenti per necessità (per fare la spesa alimentare, per gli acquisti di farmaci); gli spostamenti per lavoro sono stati fortemente limitati (con attivazione di smart working o di politiche di riduzione del lavoro), così come l’attività sportiva all’aperto e le passeggiate.
Molte attività commerciali hanno effettuato lunghi periodi di chiusura: le vendite di tabacco hanno subito restrizioni in India e Sudafrica, e solo in Italia i negozi di vaping sono rimasti aperti.
Il lockdown ha avuto una durata di circa 2 mesi, variabile nei singoli Stati.
Ripercussioni sullo stato psicologico ed emotivo
E’ evidente che una situazione sanitaria così grave e delle restrizioni alla mobilità così invasive abbiano determinato una forte crescita degli stati di ansia e preoccupazione nella popolazione. Poco meno del 40% degli intervistati dichiara che il suo stato mentale è stato influenzato negativamente dal distanziamento sociale; la percentuale si alza ad oltre il 60% per gli intervistati che hanno avuto un familiare positivo al COVID-19.
Le preoccupazioni maggiori riguardano la possibilità di ammalarsi (per circa l’80% degli intervistati), la difficoltà di gestire lo stress e l’ansia (per circa il 65%) e il rischio di perdere il lavoro (per circa il 60%).
Consumo di tabacco e di prodotti correlati
Per il 30% circa degli intervistati, le misure di lockdown hanno portato ad un aumento dell’uso di nicotina e dei prodotti del tabacco; la percentuale minore (25%) si osserva in Sudafrica, mentre la maggiore (40%) negli Stati Uniti.
Il tipo di prodotto il cui uso è aumentato maggiormente sono i prodotti per la riduzione del danno da tabacco, tra cui la sigaretta elettronica: durante il lockdown infatti la percentuale degli intervistati che dichiara di consumare questo tipo di prodotti aumenta di 3-5 punti.
Questi dati sono consistenti con quelli di uno studio condotto in Italia dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS): con il lockdown, la percentuale di utilizzatori abituali di sigaretta elettronica è cresciuta dal 8.1% al 9.1% della popolazione tra i 18 e i 79 anni. Questo incremento corrisponde a 436.000 persone.
Inoltre, il 40% degli utilizzatori abituali ha aumentato il numero dei puff giornalieri, e circa il 50% degli utilizzatori occasionali ha aumentato la frequenza d’uso.
Questo può essere legato anche alla percezione diffusa che il vaping non rappresenti un fattore di rischio per COVID-19: il report di FSFW mostra infatti che oltre il 65% degli intervistati italiani non ritiene che il vaping possa aumentare il rischio per COVID-19.
Percezione del legame tra fumo e rischio COVID-19
In Italia, il 53% degli intervistati da FSFW non percepisce neanche il fumo come fattore di rischio per COVID-19.
Tra gli intervistati degli altri Stati, solo gli inglesi ritengono che il fumo sia un fattore di rischio per COVID-19 in maniera maggiore che il vaping (66% circa contro 51% circa).
Al contrario, oltre la metà degli intervistati di USA, India e Sudafrica identifica, con un piccolo scarto di punti percentuali, sia fumo che vaping come fattori di rischio.
In India e Sudafrica, questa valutazione sembrerebbe aver influito sulla inclinazione a smettere di fumare degli intervistati: rispettivamente il 64% e il 42% circa degli intervistati ha valutato di smettere di fumare durante il lockdown.
In conclusione, è importante tenere in considerazione questi dati ed agire di conseguenza: ora che in diversi Paesi l’emergenza sanitaria è meno forte, sarebbe opportuno educare su un concetto ampio di prevenzione, che miri non solo a rafforzare il nostro organismo, ma anche a non indebolirlo in maniera abituale. Il sostegno ad acquisire sane abitudini di vita deve essere una priorità.